La Direzione
Marketing Strategico Offerta e Palinsesti ha condotto una serie di
analisi per valutare il posizionamento della Rai e delle sue reti
dalla quale si evince, per la rete tre, la percezione di un’offerta
“generalmente positiva”: è ritenuta quella maggiormente di servizio
pubblico con un prodotto più in linea con la mission affidata.
Questa forte caratterizzazione è determinata dall’accentuazione della
componente regionale che ben risponde alle attese del pubblico nei
confronti della tv: attenzione verso l’utenza, proposta di un vero
servizio pubblico, capacità di fare cultura e un’informazione accurata
e “vicina”. I “distributori” di informazioni regionali si accreditano
un elevato gradimento da parte del telespettatore. La struttura
portante dell’informazione della concessionaria pubblica è costituita
dalla rete delle sedi regionali che forniscono il 41,5% delle
informazioni ai telegiornali nazionali grazie ad un esercito di oltre
700 giornalisti. Il totale giornaliero degli ascolti delle tre
edizioni ammonta a 8 milioni trainando sull’edizione nazionale da 6 a
7 punti di share. Dall’analisi dei dati a disposizione si evince che
il servizio pubblico regionale deve assicurare l’informazione e la
programmazione a utilità immeditata su tutto il territorio e il
principio ispiratore deve essere “il racconto del mondo incomincia dal
racconto del mio paese”.
1. La storia
Lo sviluppo
della struttura delle sedi regionali è parallelo alla nascita della
televisione e alla fine degli anni ’60 registra la presenza nella
maggior parte dei capoluoghi regionali a cui si aggiungono i centri di
produzione di Milano, Napoli, Roma e Torino. Con la nomina a direttore
di Raitre di Angelo Guglielmi si registra una brusca inversione di
tendenza con una centralizzazione della rete e la chiusura delle
finestre di programmazione regionale sino ad allora realizzate. Le
uniche eccezioni sono tutt’oggi rappresentate dalle Regioni a statuto
speciale Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e le province autonome
di Trento e Bolzano che, mediante un convenzione con la Presidenza del
Consiglio, mantengono una peculiare programmazione. Da allora le sedi
regionali hanno smarrito il loro ruolo e le ristrutturazioni
susseguitesi dal 1993 hanno confermato la veste marginale al quale il
consiglio d’amministrazione le ha relegate. Il consiglio presieduto da
Claudio Demattè per risanare la grave situazione economica ipotizzò un
accorpamento in sedi macroregionali, progetto sviluppato ma mai
concluso dalle presidenze di Letizia Moratti e di Enzo Siciliano. Il
passaggio dal modello funzionale a quello divisionale voluto dalla
presidenza Zaccaria ha ulteriormente svilito il ruolo delle sedi
regionali. Infatti, esse rispondono alla Divisione TV Canale 3 e
Offerte Collegate per quanto riguarda le 17 sedi regionali e la
relativa Direzione, il Supporto Gestionale, l’Amministrazione, la
Redazione Servizi Giornalistici e la Struttura di Programmazione. Alla
Divisione Produzione fa capo la Produzione (compresi i centri di
produzione di Milano, Torino, Roma e Napoli), al Servizio Immobiliare
(SEIM) gli immobili, alla Divisione Abbonamenti e Attività per le
Pubbliche Amministrazioni gli abbonamenti e a Raiway risponde la
gestione degli impianti di trasmissione. Attualmente le sedi, ad
esclusione di quelle con programmazione autonoma,
hanno una missione territoriale molto labile ed è diretta a concorrere
alla programmazione nazionale.
2. I modelli di televisione
territoriale
I modelli di
televisione territoriale che possono essere di utile riferimento sono
sostanzialmente cinque: macro regionale pubblico tedesco, privato
inglese, comunitario svizzero, asimmetrico spagnolo e décrochage
francese. Ovviamente ogni modello fa riferimento ad una storia: in
Germania la struttura federale dello stato post-bellico è stata
riproposta nel sistema radiofonico per evitare l’accentramento dei
poteri per motivi politici, in Svizzera era preminente la necessità di
creare un modello confederale e multilingue.
2.1 Modello
pubblico macro-regionale tedesco ARD
La struttura
federale è la caratteristica più rilevante di questo sistema
televisivo nel quale sono i Lander e non lo Stato centrale ad
avere la responsabilità normativa sul settore. Nel nostro continente è
il modello che ha realizzato la migliore distribuzione informativa ed
ideativa federando soggetti regionali che producono anche per il
palinsesto nazionale. Un interessante soluzione proposta da questo
modello esclude la pubblicità dalle due reti di servizio pubblico
durante il prime time (dopo le 20) e il fine settimana
liberando il servizio pubblico dalla spada di Damocle dell’audience.
E’ da sottolineare che questa struttura molto pesante richieda il
gettito da canone più elevato d’Europa (oltre 5 miliardi di Euro) e
per la maggior parte assorbito dalle undici televisioni dei Lander.
Questo modello traslato alla realtà italiana porterebbe alla creazione
di quattro emittenti macro-regionali (Nord, Centro, Sud e Isole) con
una programmazione unificata solo per il telegiornale nazionale.
2.2 Privato
inglese
Lo stato non si
limita a finanziare una rete pubblica ma bensì costruisce un insieme
di programmi che vengono inseriti all’interno di palinsesti di altre
emittenti che rispettano determinati requisiti di qualità ed
organicità di proposta. Questo modello ha come pregio quello di
liberalizzare il concetto di televisione pubblica ottenendo una
pluralità di soggetti, pubblici e privati. Un’esperienza simile è
stata intrapresa nella Nord Renania-Westfalia e nei Paesi Bassi con
la realizzazione di una finestra pubblica sulle reti commerciali.
Infatti, nel Land tedesco oltre al ‘canonico’ servizio pubblico è
stato imposto alle tv commerciali di mettere in onda, per alcune ore a
settimana, in prima e seconda serata, programmi realizzati da una
specifica società che opera su licenza per la realizzazione di
trasmissioni a carattere culturale. Nei Paesi Bassi hanno preferito
seguire la strada della realizzazione di spazi per le associazioni di
telespettatori (sono una quarantina) o comunque soggetti non-profit.
2.3
Comunitario-linguistico della Svizzera
E’
contraddistinto da alti livelli di fidelizzazione per quanto riguarda
il radicamento dell’informazione di prossimità anche grazie ad un
cospicuo finanziamento da canone. Dall’altro lato subisce la
concorrenza delle emittenti provenienti dai paesi confinanti come
conferma l’esperienza del Belgio.
2.4 Del federalismo asimmetrico
della Spagna
In questo caso i
soggetti pubblici regionali sono messi in concorrenza con i
concessionari nazionali. Le regioni stipulano diversi contratti di
servizio con i soggetti che realizzano l’offerta di servizio pubblico
desiderata, definita in termini quantitativi e qualitativi, finanziata
da sovvenzioni dei governi regionali e dalla pubblicità locale.
Emblematico è l’esempio della catalana TV3.
2.5 Modello décrochage della
Francia
Dando un forte
impulso all’informazione di prossimità con brevi telegiornali locali e
regionali ed instaurando una forte rete di rapporti con gli editori
locali France 3 è riuscita a dare nuovo impulso agli ascolti
raccogliendo il 20% dello share medio. Questo modello è
connotato da un’elevata fidelizzazione della programmazione anche se
richiede circa un terzo delle risorse del canone oltre ad un ricorso
al mercato pubblicitario locale. L’informazione locale è stata il
fattore vincente della programmazione di France 3, l’unica emittente
pubblica che ha registrato una forte crescita di ascolti sul piano
nazionale che gli ha consentito di posizionarsi al terzo posto dietro
a TF1 e France 2 superando la seconda televisione commerciale
generalista M6. France 3 beneficia di picchi di ascolti, spesso
superiori al 50-60%, soprattutto nei brevi notiziari di informazione
locale programmati a ridosso dei telegiornali regionali.
Dall’osservazione dei dati di ascolto medi della programmazione
regionale di France 3 si evince che l’informazione regionale e locale
è in grado di produrre risultati superiori a quelli degli spazi
d’informazione nazionali. Ciò ha avuto risvolti sensibili sul piano
della raccolta pubblicitaria derivante dagli spot nazionali trasmessi
in prossimità delle fasce informative. Nella fascia meridiana
l’ascolto dei telegiornali regionali è superiore di tre punti rispetto
a quello nazionale (audience media quotidiana 16,5%, nella fascia
meridiana il TG regionale ha il 21,3% e quello nazionale il 16,7%).
Nella fascia preserale i telegiornali regionali confermano il loro
successo di pubblico (37,7%) e i locali forniscono risultati
nettamente migliori (34,1% contro il 29,3% del nazionale).
Tali risultati hanno innescato il positivo fenomeno della competizione
dinamica con M6 sui prodotti d’informazione locale che ha entusiasmato
il personale dei centri regionali prima relegato al ruolo di partente
povero della sede centrale di Parigi.
3. Un modello per la terza rete Rai
(finché ci sarà)
Il modello di
France 3 con una struttura e una programmazione a carattere nazionale
da una parte e il rafforzamento dell’informazione regionale e locale
dall’altra è quello che meglio si adatta al mastodontico carrozzone
Rai. L’esperienza francese collegata al modello federalista
asimmetrico catalano consente di dare una prima risposta alle esigenze
autonomiste più forti. A fronte dell’esperienza acquisita in questi
anni è preferibile ipotizzare un palinsesto a crescita progressiva che
inizialmente preveda brevi telegiornali locali nelle aree
metropolitane per poi estenderle ai principali capoluoghi di provincia.
Per la buona riuscita del progetto della Rai federale è fondamentale
la diffusione capillare sul territorio oggi limitata dalla
sovraesposizione della sede della redazione nel capoluogo regionale
che emargina le notizie provenienti dalla periferia. L’espansione
modulare non può e non deve prescindere dalla graduale e parallela
realizzazione di sinergie con l’editoria locale, sia essa carta
stampata che radiotelevisiva. E’ fondamentale pensare questo processo
in termini di sussidiarietà con una diminuzione del personale
dipendente Rai ed una integrazione dei servizi tecnico giornalistici
da parte del mondo dell’emittenza locale. Per superare le prevedibili
resistenze delle emittenti locali è necessario prevedere una serie di
servizi che Rai, attraverso le sue società, può fornire: gestione
degli impianti, qualificazione del personale giornalistico e tecnico,
digitalizzazione dell’archivio e delle strutture tecniche, riprese
esterne di particolari eventi. Viceversa, le testate locali, oltre a
fornire il supporto giornalistico, potranno commercializzare i servizi
e/o le immagini prodotte per i telegiornali di Rai tre locali,
regionali ed, eventualmente, nazionali. In questo modo la Rai potrà
realmente concorrere alla valorizzazione, alla qualificazione
professionale ed alla dinamicità del mercato televisivo locale. Il
servizio pubblico radiotelevisivo sarà così in grado di soddisfare le
nuove istanze di formazione dell’informazione civica in relazione al
ruolo delle istituzioni locali sempre più importanti nella costruzione
del processo decisionale. La presenza della Rai sul territorio si
attua attraverso la formazione e la qualificazione di nuove
professionalità audiovisive e multimediali che consentano il
raggiungimento di uno standard minimo a beneficio degli operatori
radiotelevisivi locali. Inoltre, col digitale terrestre la Rai deve
riprendere centralità nel fondamentale ruolo di sperimentazione e di
assistenza tecnica nel concepimento e nella realizzazione di canali
orientati agli enti locali da affidare in gestione a soggetti privati
o misti (oggi è esattamente il contrario). Il quadro delle possibili
sinergie fra l’emittenza pubblica nazionale e quella privata locale
risponde alle reciproche necessità di visibilità: la terza rete
regionale potrà finalmente raccontare le diverse identità del nostro
paese mentre le emittenti locali potranno compiere quel salto di
qualità che le porterà nell’era del digitale terrestre.
3.1 Via etere e in forma analogica
Sino al 2012
vedranno la luce 21 testate regionali all’interno delle quali
prenderanno forma, a fianco dei tradizionali telegiornali regionali,
spazi informativi locali. Gli inserti informativi regionali e i
relativi magazine saranno inseriti in quattro fasce sul modello
delle local news con le informazioni sul traffico, il meteo, i
programmi d’informazione locale e regionale con corrispondenze e
collegamenti in diretta sugli avvenimenti principali.
3.2 Digitale satellitare
Un nuovo canale
che preveda la realizzazione del primo telegiornale federale
all-news affidato alla Testata Giornalistica Regionale in sinergia
con le emittenti locali con il meglio dei servizi realizzati dalle
testate regionali e locali. Questa tipologia di programmazione
potrebbe essere proposta nel palinsesto di Rai International che
verrebbe arricchito della programmazione regionale in attuazione del
Contratto di Servizio
nella parte relativa alla promozione e alla diffusione della
conoscenza della lingua e della cultura italiana nel mondo attraverso
la rappresentazione dei diversi aspetti delle realtà imprenditoriali,
culturali e sociali del Paese.
3.3 Broadcasting video
digitale terrestre
Con la
sperimentazione del nuovo sistema di trasmissione sarà possibile
arricchire l’offerta implementando le sinergie attivate con le
emittenti locali. Sarà così possibile costruire un mini-bouquet
digitale locale composto dalle emittenti locali private che
collaborano alla redazione dell’informazione di prossimità
arricchendone i contenuti di servizio e l’approfondimento. Analogo
ragionamento può essere fatto per le trasmissioni audio (Digital
Audio Broadcasting).
4. L’esperienza di governo della
Rai
La legge e le
sentenze della corte costituzionale stabiliscono che la concessionaria
determina la propria struttura organizzativa e produttiva “in
relazione agli obiettivi indicati nella convenzione e nel contratto di
servizio". Ne consegue che il consiglio d’amministrazione Rai ha la
piena autonomia organizzativa e discrezionalità nella scelta di fare
uno o più centri di produzione, nonché dove ubicare le direzioni e
qualsiasi altra decisione che rientri nei limiti di discrezionalità
imprenditoriale ed industriale dell’azienda. Il primo consiglio di
amministrazione della seconda era Berlusconi (2002-03) presieduto dal
professore Baldassarre,
sin dai primissimi atti, ha profuso il “massimo impegno ed innovativa,
quanto concreta, operatività in tutte le sue attività per la
rappresentazione autentica e partecipata del paese, anche alla luce
delle profonde modificazioni della Costituzione". In sintesi la
delibera dell’aprile 2003 prevedeva: 1) la diffusione di trasmissioni
su macroaree regionali; 2) l’implementazione e lo sviluppo dei centri
di produzione decentrati; 3) la crescita dello spazio dedicato
all’informazione regionale. Il “progetto culturale”
ed il contratto di servizio
hanno sancito in forma inequivocabile che il territorio costituisce il
riferimento essenziale per la modernizzazione, il decentramento e lo
sviluppo dell’azienda è la sede del reale patrimonio, prima di tutto
morale ed ideale di una comunità nazionale.
La storica
delibera del consiglio d’amministrazione Smart
afferma principi di fatto rivoluzionari per il servizio pubblico. In
essa viene messo in discussione il concetto stesso di “Comunità
nazionale” (e, quindi, di “Stato Nazionale”) sia nel quadro della
revisione della Costituzione italiana, sia nel “contesto politico ed
istituzionale di una integrazione europea che rispetti e garantisca
libertà ai popoli ed alle loro Comunità e Stati”. L’identità del Paese
non viene concepita come riferimento puramente simbolico ed astratto
bensì come espressione di una unione etica, politica, sociale e
costituzionale che si realizza solo attraverso il pieno riconoscimento
del pluralismo culturale, storico e territoriale e la conseguente
valorizzazione di tutte le radici. E' un dato di fatto che la
centralizzazione di progettazioni e di produzioni aziendali hanno
indubbiamente contribuito all’affermazione di una cultura
nazional-popolare egemonica che ha contribuito a dare una
rappresentazione deformata e falsa di un paese di fatto inesistente.
Da qui l’urgenza, nell’interesse del servizio pubblico e dell’azienda,
di adottare misure adeguate alla gravità della situazione del servizio
pubblico al Nord col trasferimento di una intera rete, la Raidue, a
Milano ed un effettivo quanto adeguato potenziamento dei Centri di
Produzione di Milano e Torino. Conseguentemente, in considerazione del
carattere organico e funzionale della trasformazione in senso
decentrato e federalista del servizio pubblico radiotelevisivo,
corrispondere concretamente alle esigenze di rappresentazione e
valorizzazione delle realtà plurali.
4.1
Il ruolo di Raidue
La delibera del
20 febbraio 2003 prevedeva che il direttore di Raidue fosse da subito
trasferito a Milano da dove avrebbe dovuto operare con immediatezza e
autonomia per lo sviluppo ed il radicamento territoriale della rete.
Lo spostamento della seconda rete a Milano nasce dalla necessità di
ridarle un’identità caratterizzandola per l’attenzione e la capacità
di approfondimento e rappresentazione delle diverse realtà culturali e
socio-economiche territoriali e regionali. Raidue avrebbe dovuto
essere in grado di svolgere queste funzioni collocandosi entro un
contesto geografico, produttivo e culturale stimolante ed adeguato
come quello di Milano e dell’intera area padana che attualmente per la
Rai rappresenta una forte criticità per il notevole calo di ascolti.
4.2 I centri di Produzione (Milano
e Torino)
Nel 1952 viene
inaugurata la sede di corso Sempione a Milano che nel 1954 produceva
l’85% dei programmi della Rai. Prima della presidenza Demattè nella
sede di Milano lavorano 1.350 dipendenti, oggi sono 850. Nel 2005 è
stato inopinatamente interrotto il processo di delocalizzazione
dell’unità produttiva di Corso Sempione che avrebbe consentito di
dotare Rai delle strutture necessarie alla produzione di programmi e
fiction in Padania.
L’operazione finanziata dalla dismissione e dalla cessione del
complesso in Corso Sempione avrebbe consentito di realizzare una
struttura produttiva al passo con i tempi e ridare voce e viso alle
produzioni ideate al Nord. La missione è quella di fornire una
rappresentazione autentica, reale della nostra terra; l’unico percorso
possibile è quello di riportare la Rai là dove è nata: Milano,
Padania. La storica delibera del 20 febbraio 2003 incaricava il
direttore generale (prima Saccà e poi Cattaneo) ad avviare, con
sollecitudine, la razionalizzazione ed il potenziamento di tutte le
attività in palinsesto per i Centri di Produzione di Milano e di
Torino anche attraverso la formalizzazione di apposite e funzionali
dirigenze di struttura ed in particolare: intrattenimento per Raidue;
fiction per Raidue; redazione sportiva Rai Sport;
approfondimenti giornalistici e culturali sull’intera area
territoriale ed il suo patrimonio monumentale, artistico ed
economico-produttivo. Prevedeva l’avvio di nuove iniziative editoriali
da collocare nella programmazione di Raidue: “Telegiornale delle
Culture, delle Arti e degli Spettacoli” e “Progetto di un settimanale
(o bisettimanale) di economia, finanza, produttività e innovazione da
Milano” (Progetto di grande respiro nazionale ed europeo, da
elaborare).
Un progetto
molto ambizioso che intendeva raggiungere due obiettivi: 1) la
diffusione e la valorizzare delle diverse realtà culturali e sociali
esistenti nel Nord, Centro e Sud attraverso una specifica
programmazione; 2) proiettare nella dimensione nazionale ed europea
l’immagine di quei territori. Solo in questo modo i popoli, le
differenti identità di questo Paese potranno riappropriarsi del
servizio pubblico radiotelevisivo sottraendosi dal giogo della cultura
nazional-popolare imposta. Solo così le diverse aree macroregionali
potranno finalmente vedere rappresentati i loro attori, autori,
artisti, giornalisti, tecnici e rompere l’egemonia centralista che
Rai, non a caso definita “la mamma di tutti gli italiani”, ha
contribuito a consolidare. La scelta su raidue e raitre è prettamente
tecnica, in quanto le uniche equipaggiate ad irradiare
contemporaneamente le tre differenti aree socio-economiche omogenee
con differenti programmazioni che corrispondano alle necessità di
pubblici con esigenze e gusti diversi.
L’obiettivo di
poter assistere a programmi pensati, realizzati e trasmessi per il
Nord rimane una necessità: la storia, le tradizioni e l’immenso
patrimonio storico e culturale delle Regioni raccontati senza la
mediazione omologante di autori e registi che la disprezzano. E’
l’unico modo perché la nostra cultura, le musiche e i costumi possano
assurgere alla ribalta nazionale. Il processo di rivitalizzazione dei
centri di produzione di Milano e Torino, la rivalutazione delle sedi
regionali ha segnato il passo a causa delle pressioni delle lobbies
centraliste. Un consiglio d’amministrazione è caduto proprio per
questo motivo. Attraverso la struttura esistente, volutamente tenuta
asfittica, sarebbe già oggi possibile, in sinergia con l’universo
delle emittenti locali del Nord, realizzare dirette dalle piazze dei
nostri Comuni, raccontare il territorio e la sua gente, lo sport e le
discipline più popolari spregiativamente definite “sport minori”.
Attualmente Milano, dopo Roma, ha un Centro di Produzione che, seppure
fortemente penalizzato dalle sciagurate scelte aziendali mirate alla
centralizzazione, appare ancora in grado di garantire, in termini di
esperienze professionali, risorse umane ed operatività, i presupposti
necessari per sostenere nell’intera area, ed in sinergia con il Centro
di Produzione di Torino, un soddisfacente standard “di base” sia
quantitativo che qualitativo. La rete federale parte proprio da qui:
la rinascita e riqualificazione dei centri di produzione che daranno
vita ai nuovi poli televisivi. |